Cincinnato: il Console che tornò in campagna.

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Lucio Quinzio Cincinnato

, così come è stato raccontato da Tito Livio, ha rappresentato, e rappresenta ancora, l’emblema del grande uomo di Stato che, dopo aver svolto i suoi alti compiti di dittatore, sceglie di tornare alla sua vita di campagna.

Conosciamo la sua storia.

Chi era Cincinnato.

Appartenente alla Gens Quintia, una delle più antiche presenti a Roma. Famiglia originaria di Alba Longa, vennero forzatamente trasferiti a Roma dopo le conquiste del Re Tullio Ostilio. Parliamo quindi di circa 670 anni prima di Gesù.

La data di nascita di Lucio Quinzio non è certa ma sappiamo che è intorno al 520 a.C. Di certo era riccio di capelli, l’attributo “Cincinnato” significa infatti “riccioluto“. Essendo di famiglia patrizia, alla giusta età entrò a far parte della Curia, l’organo che si occupava delle leggi e delle decisioni politiche nell’Antica Roma. Una bella carriera assicurata ma il figlio Cesone Quinzio, senza volerlo, gli ha complicato, di molto, le cose.

Cesone Quinzio.

Per capire che tipo fosse Cesone Quinzio la cosa migliore è leggere come ce lo presenta Tito Livio, importante storico dell’epoca:

«Vi era un giovane, Cesone Quinzio, fiero della sua nobile discendenza e della sua corporatura imponente e robusta. A questi doni divini egli aveva saputo aggiungere molti meriti militari e un’arte oratoria che lo rendeva capace di parlare nel Foro: nessuno era considerato, in tutta la città, più pronto di lingua e di mano. Quando si piazzava in mezzo al gruppo dei patrizi egli torreggiava tra gli altri quasi che nelle sue parole e nella sua forza, fossero radunati tutti i consolati e tutte le dittature; lui, da solo, sosteneva tutti gli attacchi dei tribuni e del popolo. Più volte, quando egli ebbe in mano la situazione, i tribuni furono cacciati dal Foro, più volte la plebe fu dispersa e messa in fuga. Chi osava tenergli testa se ne andava malconcio e privo di ogni difesa ed era evidente che, se gli fosse stato permesso di agire in quel modo, per la legge non c’era speranza.»

Un bel caratterino insomma, che gli fece collezionare diverse antipatie fra i politici di allora. Soprattutto fra i rappresentanti della plebe, contro cui spesso Cesone Quinzio andava.

Un episodio, di cui non conosciamo il reale svolgersi, offrì l’occasione per accusare Cesone Quinzio; situazione ideale per metterlo fuori dalla politica.

Marco Volscio Fittore testimoniò che il proprio fratello era stato coinvolto in una rissa nella Suburra, il quartiere malfamato della Roma Antica, e fu colpito da un pugno sferrato da Cesone. Il fratello di Marco Volscio Fittore morì più tardi e Cesone Quinzio fu accusato di omicidio. Il padre Cincinnato lo difese, convinto della sua innocenza.

Il Tribuno Marco Volscio chiese che venisse imprigionato, il Senato deliberò invece che poteva rimanere libero a fronte del pagamento di una cauzione. Venne deciso quindi che dieci garanti avrebbero dovuto versare ognuno 3000 assi, per un totale che potremmo quantificare in 45.000 Euro attuali.

La notte dopo questa sentenza, Cesone Quinzio si ritirò spontaneamente in esilio in Etruria, l’attuale Toscana.

Il trasferimento (forzato) in campagna.

Non fu una bella decisione nei confronti del padre Cincinnato, il Senato decise che la cauzione avrebbe dovuta pagarla interamente lui. Cincinnato vendette tutti i suoi averi e si ritirò nelle proprie terre di famiglia, un podere di quattro Iugeri -praticamente un ettaro- fuori della città.

Bisogna dire Cincinnato avrebbe potuto opporsi a questa decisione ma, per rispetto delle scelte del Senato accettò di buon grado, mettendosi a coltivare personalmente la terra per mantenere la famiglia.

L’episodio cardine della nostra storia.

Poco tempo dopo, nel 458 a.C., il console Lucio Minucio Esquilino Augurino era rimasto bloccato in un assedio sul Monte Algido (l’attuale Monte Artemisio nei pressi di Velletri), da parte degli Equi.

Il resto dell’esercito era impegnato in altre battaglie qua e là intorno Roma e nessuno sembrava essere in grado di andare in aiuto di Lucio Minucio Esquilino Augurino. Il Senato decise allora di richiamare Cincinnato, in veste di dittatore. Questo termine: “dittatore” a noi giustamente inviso, indicava allora colui che avrebbe avuto ogni libertà decisionale nello specifico compito assegnatogli.

Ancora Tito Livio ci racconta:

«…stava coltivando oltre il Tevere giusto davanti dove ora sono i cantieri navali, un campo di quattro iugeri il cui nome è Prato Quinzio. Cincinnato e i legati si scambiarono i saluti. Poi gli fu rivolta la preghiera -e insieme l’augurio che ciò sarebbe stato di buon auspicio per lui e per la Repubblica- di ascoltare con la toga ciò che il senato gli mandava a dire. Cincinnato rimase stupito e chiese: “C’è qualcosa che non va?“; intanto diede ordine alla moglie Racilia di portargli subito la toga dalla sua casupola. Si deterse la polvere e il sudore, indossò la toga e si avvicinò ai legati. Questi, congratulandosi con lui, lo salutano dittatore, lo chiamano in città, gli comunicano quanti motivi di paura abbia l’esercito.»

I rappresentanti del Senato incontrano Cincinnato nel suo podere.

I rappresentanti del Senato incontrano Cincinnato nel suo podere.

Cincinnato accettò nonostante avesse buoni motivi di rancore verso il Senato.

Il giorno dopo ordinò che, tutti coloro che fossero in età adatta al servizio militare si sarebbero dovuti far trovare pronti in Campo Marzio, prima del tramonto, con il cibo per cinque giorni e dodici pali di legno ciascuno.

In poche ore furono nei pressi del campo degli Equi. L’arrivo degli alleati mise in agitazione i soldati Equi. Durante la notte anche i soldati romani assediati iniziarono ad attaccare. Già al mattino la palizzata innalzata dai romani con i pali portati in gran numero, era finita. Gli Equi si trovarono così fra i soldati che venivano dall’alto del monte, i soldati provenienti dal piano e impossibilitati a fuggire a causa della palizzata.

Il trasferimento (voluto) in campagna.

La vittoria di fu rapida e Cincinnato venne riaccolto a Roma con tutti gli onori. Gli venne offerta come risarcimento una cittadella intera, il bottino di guerra venne distribuito al solo esercito di Cincinnato, gli assediati liberati gli fecero dono di una corona d’oro, venne fatta chiarezza sull’accusa al figlio e il testimone accusatore venne esiliato a Lanuvio.

La carica di dittatore poteva durare sei mesi e nessuno poteva destituirlo ma Cincinnato, dopo soli 16 giorni dedicati ai festeggiamenti, se ne tornò al suo campo ed al suo aratro, rinunciando a tutti i beni che gli erano stati riconosciuti.

Un precursore?

Cincinnato rappresenta nella storia un esponente onesto e umile, caratteristiche rare nella politica, di allora come adesso.

Quello che però a noi interessa è il suo grande attaccamento alla campagna. Sicuramente all’inizio ci si rifugiò per necessità, per mantenere la famiglia, ma il suo ritorno al campo, dopo i successi e gli onori venne fatto certamente per amore verso la terra e la tranquillità che questa offre.

Visto sotto questo punto di vista lo si potrebbe considerare un prestigioso rappresentante di tutti coloro che amano la campagna. Certo, anche in quell’epoca non è stato il solo, abbiamo molte testimonianze di antichi romani che elogiano il soggiorno in campagna, nelle Ville, nei luoghi di vacanza, per svago. Ma la sua scelta ha ben altri significati, Cincinnato non se ne tornò in campagna per goderne gli agi ma per viverne i pregi e le difficoltà.

Nei racconti e nelle immagini lo troviamo raffigurato quando accoglie i rappresentanti del Senato mentre sta arando il suo terreno. In suo amore per la campagna era intenso e reale, non un semplice diletto ma il sentire davvero l’odore della terra, lavorarla, basarsi sui suoi frutti per il proprio mantenimento e quello della propria famiglia.

Un precursore quindi di coloro che decidono di trasferirsi dalla città alla campagna per viverla direttamente, per cambiare il proprio stile di vita.


Una storia questa, che ci porta molto indietro nel tempo e ci dice quanto sia importante, per coloro che lo sentono, il legame con la terra. Cincinnato rinunciò alla sua carica ed agli onori. Oggi molti, in modo forse meno leggendario ma non meno coraggioso, rinunciano a volte a lavori importanti pur di raggiungere il proprio sogno.

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