Una ricetta… Speciale! Lunga ma facile.

Tempo di lettura: 4 minuti

Una ricetta tutta da scoprire.

Una ricetta non copiata, inventata dopo aver ricevuto in regalo, dal macellaio di fiducia, due tagli di carne di solito invenduti.

Il Diaframma (o meglio il Pannicolo) e il Giogo (nome locale di una parte del Reale), entrambi di bovino adulto. Si tratta di due tagli che raramente compaiono sul banco del macellaio, poco o per niente richiesti e quindi mai esposti. Risultano piuttosto duri se cotti in maniera veloce e quindi esclusi dalle abitudini frettolose della vita cittadina.

La campagna, con i tempi lenti che offre, permette di dedicarsi a cotture lente e a volte articolate. Con qualche ora in più a disposizione si possono scoprire sapori e delicatezze troppo spesso dimenticate.

Spesso abbiamo parlato dei mezzi per cucinare, delle pentole, dei tegami, degli spiedi che trasformano quel calore in piatti sulla nostra tavola.
Stavolta andiamo al sodo, alla scoperta dei sapori. Stavolta parliamo di

Una nuova ricetta

Niente di già fatto, una ricetta elaborata sulle fiamme del fuoco di legna e che, devo dire, ha dato buoni risultati. Pensata per il fuoco, per i tempi lunghi e sereni dedicati alla cucina e, per portare sulla tavola tagli di carne troppo spesso dimenticati.

Il Giogo, uno dei protagonisti della ricetta.

Il Giogo, uno dei protagonisti della ricetta.

Lo so che non piacerà a tutti, stavolta va così ma, lo prometto, affronteremo in seguito, se vi va, anche ricette per chi la carne ha deciso di allontanarla dalla propria tavola, giustamente.

Da dove cominciamo

È da tempo che cerco di utilizzare quei tagli che non compaiono spesso sul bancone della macelleria. Qualche anno fa mi facevo mettere da parte la guancia del manzo, con il macellaio che quasi me la regalava visto che di solito la buttava via e invece, di recente scopro che molti ristoranti offrono piatti prelibati a base di questo taglio. Chissà se andrà così anche stavolta!

Il Diaframma, l'altro protagonista della ricetta.

Il Diaframma, l’altro protagonista della ricetta.

Bene, i tagli che in questa occasione quasi mi hanno regalato sono: il Diaframma e il Giogo. Ho lavorato con 800 grammi di Diaframma e quasi 800 grammi di Giogo.

Entrambi i tagli richiedono cotture prolungate, il Giogo un po’ di più.

Vediamo come procedere, o meglio, come ho proceduto io, poi ognuno può inventarsi del suo qualche variante a secondo dei gusti, come è sempre giusto fare; le ricette, come ci ha insegnato Pellegrino Artusi, sono dei suggerimenti, non un disciplinare ferreo.

Ho cominciato col tagliare a dadi grossi poco più di una noce il Diaframma e il Giogo. Fatto questo, sulla piastra di ghisa della cucina economica ho posizionato, nella parte meno calda, una pentola di coccio dove ho messo a rosolare il classico tritato da soffritto: carote, sedano, cipolle, in egual misura o con proporzioni legate al proprio gusto, insomma, gli ingredienti son quelli, le proporzioni fate voi!

Mentre il soffritto ha iniziato, lentamente, a scaldarsi, in una padella di ferro, di ferro mi raccomando! Ho messo lo spezzatino di Giogo e, sulla fiamma del camino, muovendo continuamente il contenuto, l’ho cominciato a far rosolare.

Il calore della cucina

La giornata era fredda e accese c’erano cucina e camino, se hai la sola cucina economica accesa basta togliere qualche cerchio di ghisa e il gioco è fatto.

La carne nella padella di ferro, stimolata dal guizzare delle fiamme sotto di essa, comincia a tirar fuori molti succhi che vediamo formarsi sul fondo, bene, non bisogna sprecarli. Non si deve aspettare che evaporino con il calore, appena se ne forma un po’, lo si versa nel soffritto nella pentola di coccio, anche più volte.

Una volta che la carne non libera più succhi, comincia la famosa reazione di Maillard, la superficie comincia ad imbrunirsi ed arricchirsi di sapore.

Quando appare ben asciutta e apparentemente cotta come una bistecca, la spostiamo nella pentola di coccio, liberando la padella di ferro per ospitare lo spezzatino di Diaframma.

Stesso identico trattamento! Sfrigola, arrivano i succhi, li versiamo nella pentola di coccio, una, due, tre volte. Reazione di Maillard, carne ben asciutta che ce la mangeremmo volentieri e, quando è il momento giusto, trasferimento nella pentola di coccio.

Adesso, piano piano, a temperatura non alta, verso la periferia della piastra di ghisa, nella pentola di coccio, lasciamo che i succhi versati prendano un sereno bollore e avvolgano, come fa il sole di primavera con i boccioli di rose, i pezzi di Diaframma e di Giogo mischiati e non più riconoscibili fra loro.

Dopo una mezz’ora di cottura con il coperchio e dopo ancora un quarto d’ora senza coperchio, è arrivato il momento di aggiungere la salsa di pomodoro.

Mi raccomando! Non fredda! Non la tirare fuori dal frigo al momento, tienila fuori per almeno un’oretta, o più brevemente vicino alla nostra, ormai conosciuta, fonte di calore.

La quantità di salsa è a scelta, niente dosaggi, niente pesi, regoliamoci con lo spazio rimasto nella pentola di coccio. Quello che c’entra, ci va. Senza esagerare. Ah, il sale!

Dopo versata la salsa, nella proporzione che ci piace, si deve aggiungere questo elemento che tanto aiuta i sapori dei piatti. Quanto? Regolatevi voi. I tagli di carne che abbiamo messo in cottura sono piuttosto saporiti, io andrei per aggiustamenti successivi: salatura, assaggio, eventuale salatura, e via via fino alla situazione ottimale. Tenendo conto che la cottura si prolungherà per almeno un paio d’ore ed un poco di liquidi evaporeranno nel frattempo, mi terrei leggero con il sale fino ad una verifica finale.

Che facciamo per pranzo?

Dopo aver concluso la cottura, lenta, ed aver verificato il giusto grado di salatura, dobbiamo decidere cosa farne dei prodotti ottenuti.
Abbiamo un ricco spezzatino (saporitissimo ve lo assicuro!) e una bella quantità di sugo (saporitissimo pure lui!).

Qui l’uso è classicamente domenicale.

Fettuccine. Ruvide, spesse, fatte a casa, con quella patina di farina di mais che le rende spugne per il sugo, il primo piatto. Ohi, non dimentichiamo il Parmigiano (la Forma come si dice in Romagna).

Poi, lo spezzatino, morbido e da masticare con piacere, con sapori diversificati ma uniti da una comune ghiottoneria.

Avremo passato una mattinata fra fiamme della cucina e fiamme del camino ma, il pranzo l’abbiamo risolto!


Mi piacerebbe chiedervi di provare quanto raccontato e di farmi sapere come è andata, azzardo troppo? A noi è piaciuta questa ricetta e spero averne riscontri e pareri.

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